Random reviews

Recensione di   Marco Gelmetti Marco Gelmetti

The Haunting of Bly Manor

(Serie TV, 2020)

“Una storia di fantasmi.Ripeto, non è la mia storia,ma è piena di fantasmi di ogni tipo.E se trovate un bambino inquietante,fate un altro giro di vite e ditemi:cosa ne pensate di due?”“Ogni storia d’amore è una storia di fantasmi”.Anche se non conoscete David Foster Wallace e non avete mai letto la sua biografia, questo è un titolo che difficilmente si riesce a scordare. Perché tutti sappiamo esattamente cosa significa. In questa manciata di parole che apparentemente bisticciano, c’è tutta la verità sull’amore umano e più in generale sulla nostra natura. Un amore che per dovere poetico cerchiamo di raffigurare come originato dal cuore, ma che in realtà arriva sempre da quel meccanismo strabiliante e pericolosissimo che è la nostra mente. E la mente non vive di presente, di fatti e di realtà, bensì di memoria e ricordi, di aspettative e illusioni, di storie e ideali. Lo stesso luogo in cui vivono i fantasmi.Bisogna partire da qui se si vuole apprezzare The Haunting of Bly Manor per la meravigliosa serie che è. Dovremmo avere già ben chiaro che è questo il tema che muove tutta la vicenda, ben prima di arrivare a quel dialogo finale didascalico tra la sposa e la narratrice:– Mi è piaciuta la storia.– Mi fa piacere.– Ma l’hai impostata male, all’inizio.– Dici?– Sì. L’hai definita di fantasmi. Ma non lo è.– Ah, no?– È una storia d’amore.– È la stessa cosa.Se non siamo preparati a questo, e magari cerchiamo di affrontare l’opera di Mike Flanagan come l’ennesima trasposizione di “Il giro di vite”, allora il rischio di vederla come poco più che brodo allungato è altissima. Se la prima straordinaria stagione The Haunting of Hill House dal romanzo di Shirley Jackson sostanzialmente pescava solo qualche carta, per raccontare poi una storia completamente diversa, in questa seconda The

Recensione di   Goran Basti Goran Basti

Fahrenheit 9/11

(Film, 2004)

Bellissimo documentario che in America molti hanno tacciato come anti-americano e fazioso che trae conclusioni basandosi su fonti discutibili. Le fonti che Michael Moore cita, purtroppo, sono veritiere. Michael Moore, con grande ironia, ci mostra come la presidenza di G.W. Bush ha sfruttato l'attentato alle Torri Gemelle per portare avanti la propria agenda guerrafondaia per trarne enormi guadagni, tutti a favore della famiglia Bush, grande azionista del gruppo Carlyle (che produce armamenti) in cui anche la famiglia di Bin Laden aveva considerevoli interessi.

Recensione di   Eduardo Brunamonti Eduardo Brunamonti

Demoniaca

(Film, 1992)

Film spaventoso con un sottofondo di sovrannaturale

Recensione di   Ava Martin Ava Martin

The Forge

(Film, 2024)

This film is fantastic! The message of wiser men discipling young men is very timely & necessary! To assist someone realize their God-given potential, they provide examples of how to live and accomplish things in a practical way. It's moving to watch Isaiah change on film! It addresses painful experiences of rejection and unforgiveness that all people have had, and it is realistic. It demonstrates how to communicate feelings in a healthy way, listen to someone who is suffering, and then openly discuss how God utilizes difficult circumstances to foster growth. On the other side of suffering, there is strength, recovery, and development. Embrace Jesus as Lord and Savior!

Recensione di   Giubertoni Michele Giubertoni Michele

Made in Italy

(Film, 2018)

un bel film visto su Timvision il 03/11/2024diretto da Luciano Ligabuecon Stefano Accorsi e Kasia

Recensione di   Antonio Sinatra Antonio Sinatra

Warrior

(Film, 2011)

Coinvolgente, affascinante. Un film da vedere e rivedere

Recensione di   Lucia Navi Lucia Navi

L'Esodo

(Film, 2017)

Non credo esista un altro film che abbia affrontato il problema degli esodati in Italia in seguito alla riforma Fornero.È un film dalla trama semplice, dove la protagonista, interpretata da una magnifica ed inedita Daniela Poggi in vero stato di grazia, finisce ad elemosinare in una piazza della sua città. Lo fa perchè il governo dei “professori” l'ha ridotta alla fame, dato che a 60 anni non ha improvvisamente diritto alla sua pensione, pur essendosi ormai licenziata a tale proposito.È una storia tenera, che nel dolore che riesce a trasmettere, fa anche apprezzare tanti lati della dignità di una persona che si trova improvvisamente nell'indigenza. Inoltre il rapporto tra la protagonista e la sua nipotina di 16 anni che non immagina ciò che sua nonna ormai è costretta a fare per portare qualche soldo a casa è davvero qualcosa che scalda il cuore.L'ho visto due volte, la prima al cinema e la seconda in tv. Entrambe le volte mi sono commossa ed ho provato un senso di tristezza ma anche di speranza. Consigliatissimo.

Recensione di   Riccardo Paoli Riccardo Paoli

The Last Bus

(Film, 2021)

Appuntamento a Land's end di Gillies MacKinnonAppuntamento a Land's end è un film d'amore: di amore coniugale, e di amore per la vita. L'eccezionale protagonista si carica sulla propria persona, oltre che gli anni e i gravi malanni, anche tutti gli spettatori, e li porta con sé, nel suo meraviglioso viaggio.Si parte, rigorosamente su di un bus, da John o'Groats per arrivare a Land's End: praticamente le punte estreme della Gran Bretagna. Il viaggio è un modo per omaggiare la memoria della moglie e della figlia, quest'ultima prematuramente venuta a mancare, ma anche per sé stesso, per perdersi nei ricordi di tempi passati. Molto bravo, e anche molto british, Timothy Spall nel ruolo del protagonista. Splendidi i panorami: non posso però non menzionare anche i caratteristici bus inglesi (viva il trasporto pubblico). Forse la pecca di quello che comunque nel complesso è un bel film, sono alcune scene durante il viaggio eccessivamente edulcorate ( il mondo, ahimè, è popolato da persone più brutte e ciniche di quelle che compaiono come occasionali compagni di viaggio nel film). Un punto in più perché è piaciuto molto alla moglie.

Recensione di   Cristiano Maria Soriquez Cristiano Maria Soriquez

Nosferatu, il principe della notte

(Film, 1979)

“Nosferatu” di Werner Herzog è una rivisitazione audace e poetica del classico di Murnau, che riesce a catturare l'essenza del mito di Dracula attraverso una lente unica e affascinante. La bellezza del film risiede non solo nella sua narrazione, ma anche nella maestria con cui Herzog gioca con le ombre, creando un’atmosfera inquietante e ipnotica. I giochi d’ombra, che si intrecciano con la luce, trasformano il paesaggio e i volti dei personaggi in un mosaico di emozioni e suggestioni, conferendo al film una qualità quasi onirica.L'atmosfera di decadenza è ulteriormente amplificata dalla presenza dei topi, che simboleggiano la peste che devasta la città. Questi piccoli animali non sono solo portatori di malattia, ma anche messaggeri di morte, contribuendo a un senso di imminente catastrofe. In questo contesto, le danze ed i banchetti dei cittadini, che accettano la loro sorte con una sorta di liberazione e abbracciano la morte, diventa un momento di profonda riflessione sulla vita e la morte.La figura di Nosferatu, interpretata magistralmente da Klaus Kinski, è affascinante. Il trucco sul volto di Kinski, con le sue linee aguzze e lo sguardo penetrante, crea un’immagine inquietante e magnetica, capace di evocare sia paura che attrazione. Kinski riesce a incarnare perfettamente la dualità del suo personaggio: il vampiro è un simbolo di desiderio e, al contempo, di perdita. La sua interazione con la giovane donna, rappresentata con una vulnerabilità palpabile, è carica di tensione erotica, sottolineando il fascino oscuro e seducente di Nosferatu.Herzog, con la sua sensibilità artistica e la sua visione originale, riesce a trasformare "Nosferatu" in un'opera che trascende il genere horror, esplorando temi di vita, morte e desiderio. La sua capacità di combinare il sublime e il macabro, insieme alla performance straordinaria di Kinski, rende questo film un'esperienza indimenticabile e profonda, invitando gli spettatori a confrontarsi con

Recensione di   Cristina Andreotti Cristina Andreotti

Tutto il mio folle amore

(Film, 2019)

Un road movie leggero ma intenso che tratta uno dei problemi più gravi per un genitore, la diversità mentale.Il sentimento predominante del film è l'amore, che riesce ad uscire e a fluire libero sia nel rapporto padre/figlio che negli altri personaggi che fanno da cornice in questa storia.Una delle frasi:La felicità, purtroppo, non è un diritto, è un colpo di culo! Mio voto personale 9

Recensione di   Henri Floyd Lynch Henri Floyd Lynch

Dune: Part one

(Film, 2020)

Ultima trasposizione cinematografica del celebre romanzo sci-fi scritto da Frank Herbert, Il Dune di Villeneuve racchiude in sé almeno tre linee narrative che possono essere ricondotte a dimensioni differenti. In primis l’aspetto geopolitico, largamente sovrapponibile alla storia di tanti paesi europei colonizzatori che assoggettano altri popoli per sfruttare le preziose materie prime custodite nella loro terra (la spezia su Arrakis, il coltan in Congo). C’è poi una seconda componente, più intima, che segue l’evoluzione del protagonista, Paul Atreides, Figlio del Duca Leto e in quanto tale destinato a prenderne il posto. In realtà, il giovane Paul si dimostra combattuto: l’eredità che lo attende è davvero la strada giusta per il futuro? “Se la tua risposta è no sarai comunque quello che volevo che tu fossi: mio figlio”, afferma laconico il padre. La madre, invece, ha le idee molto più chiare e cerca di convincerlo attraverso i suoi insegnamenti. Tuttavia, quando Paul comprende che per lui c’è un disegno ben preciso, si sente inerme, prigioniero, una biglia in un percorso già segnato. Comincia così a interrogarsi sul libero arbitrio, in particolare sull’impossibilità di essere veramente liberi. D’altro canto, tale condizione lo accomuna ai Fremen, popolo custode del deserto di Arrakis che vede in lui la figura messianica attesa da tempo. Ma egli non si lascia lusingare, poiché, come accade in qualsiasi forma di religione, costoro “vedono ciò che gli è stato detto di vedere”. Insomma, Paul è alla ricerca di sé, di un posto nel mondo, di un’identità sempre più lontana e sfuggente. Per sua fortuna, presto scoprirà che non serve cercare di capire tutto del mondo, ma che il mondo bisogna viverlo lasciandosi attraversare da esso. Solo così è possibile trasformare la casualità in destino, il proprio. Peraltro, traspare in questa filosofia un’idea precisa del rapporto con l’ambiente che designa

Recensione di   Ezio Porto Ezio Porto

Baby Reindeer

(Serie TV, 2024)

Ho finito la serie Baby Reindeer. In giro leggo commenti entusiasti ed una risposta possibile è che non essendoci molti prodotti validi ultimamente si tende a sopravvalutare, oppure un' altra risposta può essere che siamo ormai "mediocrizzati" nel giudizio.Badate è una serie interessante, che parla di stalking, di abusi e violenza sessuale ed è basata su una storia vera, l'aggiungerò sicuramente alla lista delle serie più belle del 2024, ma non è sicuramente in vetta.Si salva l' interpretazione dell' attrice che "stolkerizza" che a tratti ricorda Katy Bates in "misery" e la sceneggiatura perché appunto racconta qualcosa di vero e lo racconta bene.Manca però secondo me una buona regia, manca una buona colonna sonora, manca totalmente la scenografia e la fotografia ed anche il montaggio non è dei migliori.Detto questo, come dicevo comunque è un prodotto che consiglio e che aggiungo alla lista dei migliori 2024 ma senza eccessivo entusiasmo.

Film Lovers Activities

Altre
Rael70 ha fatto un commento 💬 sulla recensione del film The Artifice Girl
42 minuti fa
Rael70 ha apprezzato ❤️ la recensione del film The Artifice Girl
43 minuti fa
Ignazio Venzano ha fatto un commento 💬 sulla recensione del film Matrimonio con sorpresa
1 ora fa
Ava Martin ha apprezzato ❤️ la recensione del film Drive-Away Dolls
1 ora fa
Ava Martin ha fatto un commento 💬 sulla recensione del film Drive-Away Dolls
1 ora fa
Laura ha pubblicato 📝 una nuova recensione sul film Touch
1 ora fa

Filmamo Festival & Friends

Blog Articles

Rael70 N.17 - LA SAGA DI

N.17 - LA SAGA DI "ALIEN": STORIA, SIMBOLISMI E CURIOSITÀ (PARTE 8 DI 15: ALIEN ISOLATION: VIDEOGIOCO, ROMANZO E SERIE DIGITALE).

IL VIDEOGIOCODopo la parentesi del tributo al quarantennale di “Alien”, riprendiamo rigidamente la cronologia narrativa della saga.Come da prassi, rinnovo l’invito a non continuare la lettura se non si sono visti i film della saga per evitare di rovinarsi determinati colpi di scena o di conoscere alcuni contesti narrativi che verranno svelati, gradualmente, nel gioco e nei film successivi. Dove eravamo rimasti?Anno 2122, Ellen Ripley tenente del cargo “Nostromo” di proprietà della Weyland-Yutani, riesce ad espellere, dalla capsula di salvataggio “Narcissus”, l’alieno protagonista del film che aveva ucciso tutti i componenti della “Nostromo”. Terminato lo scontro, il tenente, insieme al gatto Jones, si mette in ipersonno dopo aver impostato la rotta verso la Terra. Da un punto di vista strettamente cinematografico, la storia continuerà con “Aliens” che riprende esattamente la storia dal ritrovamento della capsula dove ci sono Ripley e Jones (in mezzo a tutto questo però c’è quello che accade nel libro “Alien: Out of the Shadows”, anch’esso canonico e che spiegherà alcune cose inerenti l'errante viaggio di Ripley nello spazio profondo…).Da un punto di vista narrativo però le cose stanno in maniera differente: tra “Alien” che si svolge nel 2122 e “Aliens” che si svolge nel 2179, si colloca la storia di Amanda Ripley-McClaren, figlia di Ellen Ripley-McClaren e di un certo Alan.Amanda sarà la protagonista di “Alien: Isolation”, videogioco che esce nel 2014, realizzato dalla software house inglese “Creative Assembly”, fondata nel 1987, la quale, nel 2005, viene assorbita dalla Sega, la più grande software house di videogiochi giapponese e, per tale motivo, entra a far parte della Sega Europa.Nel 2006 la Sega acquista i diritti per produrre videogiochi tratti dalla saga cinematografica della 20th Century Fox e pertanto, a sua volta, la software house giapponese incarica la Creative Assembly di realizzare un gioco multipiattaforma (Pc, Playstation

Rael70 N.16 - LA SAGA DI

N.16 - LA SAGA DI "ALIEN": STORIA, SIMBOLISMI E CURIOSITÀ (PARTE 7 DI 15: I CORTI DEL XL ANNIVERSARIO).

Nel 2019 “Alien” compie 40 anni e per festeggiare l'evento la 20th Century Fox, in collaborazione con lo studio californiano Tongal, offre la possibilità ai fan più capaci e meritevoli di pubblicare dei corti ispirati alla saga.Al termine di questa selezione/concorso, la Century Fox pubblicherà i 6 migliori corti con cui i registi hanno dimostrato di usare al meglio il budget di $ 35.000 messo a loro disposizione. Il primo corto esce il 29 marzo 2019, trattasi di “Alien: Containment”, sceneggiato e diretto da Chris Reading, che racconta gli ultimi momenti di 4 superstiti che si sono rinchiusi in una capsula di salvataggio dopo che è scoppiata una epidemia mortale sulla loro nave:Dopo pochi giorni viene rilasciato il corto “Alien: Specimen”, scritto e diretto da Kelsey Taylor, che si svolge in una serra di una colonia dove una botanica rimarrà intrappolata…provate ad immaginare insieme a chi:Il 12 aprile 2019 viene rilasciato “Alien: Night Shfit”, diretto da Aidan Brezonick e scritto nientemeno che da O' Bannon e Shusett in persona;Una settimana dopo esce “Alien: Ore”, diretto da Sam e Kailey Spear (fratello e sorella) e scritto da Don O' Bannon:Il 26 aprile 2019 esce “Alien: Harvest”, diretto da Benjamin Howdeshell e scritto da O' Bannon e Shusett:Per ultimo, il 26 aprile 2019, esce “Alien: Alone”, diretto da Noah Miller e scritto sempre dalla coppia O' Bannon/Shusett:Si è discusso molto sulla decisione di considerare canonici o meno i 6 corti ma, generalmente, si considerano tali poiché la sceneggiatura, nella maggioranza dei casi, è scritta da O' Bannon e Shusett. Questo articolo è da considerarsi una parentesi "rilassante" ma dal prossimo riprenderemo la cronologia narrativa.

Rael70 N.15 - LA SAGA DI

N.15 - LA SAGA DI "ALIEN": STORIA, SIMBOLISMI E CURIOSITÀ (PARTE 6 DI 15: ALIEN).

Il 25 maggio 1979 (in seguito vi renderete conto che la data non sarà casuale), nei cinema americani venne proiettato, per la prima volta, “Alien”, il film della 20th Century Fox diretto dal quasi inesperto Ridley Scott (che aveva esordito appena due anni prima con “I duellanti”), che si basava sulla sceneggiatura di Don O’ Bannon e Ronald Shusett e la cui colonna sonora era opera del famoso compositore Jerry Goldsmith.Non sono solo questi professionisti che entreranno nella Storia del Cinema: l’italiano Carlo Rambaldi realizzerà l’esoscheletro del mostro che, a sua volta, si basava sull’arte tecnologica dello svizzero Hansi Ruedi Giger e questi due, insieme al tecnico degli SFX Brian Johnson, vinceranno il premio Oscar 1980 per gli Effetti Speciali.Un contributo notevole lo daranno anche la fotografia di Derek Vanlint…… e le magnifiche scenografie di Ron Cobb.Ad onor del vero occorre dire che l’idea di “Alien” nasce nel 1974 quando negli USA viene proiettato “Dark Star”, un fantafilm a basso budget ideato da due studenti universitari, Dan O’ Bannon e John Carpenter, che costituiva, di fatto, la loro tesi di laurea alla USC School of Cinematic Arts di Los Angeles dipendente dalla University of Southern California. Per chi ha visto il film, l’alieno presente nell’astronave è rappresentato da un pallone da spiaggia e questo era dovuto alla mancanza di fondi da parte dei due studenti che erano stati costretti ad arrangiarsi come meglio potevano.O’ Bannon però, in cuor suo, nutriva il sogno di riuscire a scrivere una storia che parlasse di un essere alieno che avrebbe procurato un orrore cosmico mai visto prima. La sceneggiatura prese forma e fu chiamata “Star Beast”, ufficialmente la prima sceneggiatura di “Alien”, scritta da O’ Bannon in collaborazione con Ronald Shusett: https://www.dailyscript.com/scripts/alien_early.html Fu O’ Bannon che, in seguito, modificò il titolo in “Alien” ma

Cinemaserietv MIGLIORI HORROR CON SERIAL KILLER

MIGLIORI HORROR CON SERIAL KILLER

Con l'uscita nelle sale del film Longlegs, acclamato dalla critica e diretto da Osgood Perkins, molti appassionati del genere horror/thriller sono rimasti colpiti dalla sua astuta campagna marketing, che prometteva una storia tremendamente inquietante sul serial killer interpretato da Nicolas Cage, mai mostrato nella sua interezza prima che la pellicola venisse ufficialmente rilasciata. L’ultima fatica di Perkins dietro la macchina da presa rappresenta un altro ottimo esempio di come l’esplorazione della mente criminale possa dare vita a narrazioni uniche, che sfruttano ogni comparto tecnico per regalarci un’esperienza di visione indimenticabile e che, probabilmente, dominerà i nostri incubi, come i film che vi raccontiamo in questo articolo. SevenSeven, tra i film più acclamati di David Fincher, è considerato un capolavoro del genere thriller psicologico e tra i migliori film sui serial killer mai realizzati. L'atmosfera opprimente e cupa di una città senza nome aleggia sulla storia di due detective, interpretati da Brad Pitt e Morgan Freeman, impegnati nella caccia a un assassino che costruisce ogni delitto intorno ai sette peccati capitali, trasformando ognuno di essi in un macabro rituale di morte. La pellicola ha consacrato Fincher come maestro della macchina da presa, grazie al senso di inquietante ineluttabilità che è riuscito a confezionare per trasportare lo spettatore in un’esperienza emotivamente devastante. Ogni visione di Seven mantiene infatti la stessa intensità della prima, dall’inizio alla fine di questo viaggio negli inferi, tra tensione, oscurità e simbolismi.Funny GamesIl regista austriaco Michael Haneke ha diretto questo home invasion conosciuto in particolare per il suo tono sadico, di cui è meglio non svelare troppo. Basti sapere che, alla sua presentazione al Festival di Cannes nel 1997, il film suscitò reazioni forti e scioccanti, con alcuni spettatori che abbandonarono addirittura la sala, turbati dalla sua rappresentazione della violenza. In effetti, Funny Games si discosta notevolmente dai

Diego Cineriflessi SGUARDI DAL MONDO: PAUL THOMAS ANDERSON

SGUARDI DAL MONDO: PAUL THOMAS ANDERSON

Se penso ad uno sguardo originale, sempre diverso, fresco e capace di stupire proveniente dagli Stati Uniti il primo nome che mi salta in mente è quello di Paul Thomas Anderson. È probabilmente il più versatile e coinvolgente della sua generazione, incapace di rifare se stesso, ma capace di addentrarsi in epoche, generi e stili completamente diversi con una maestria rara. Autore da Festival e da Oscar (anche se non ne ha mai vinto uno) è la pietra miliare della sua generazione. Esordisce nel lungometraggio nel 1996 con Sidney, noir classico che si dipana tra gioco d'azzardo, prostituzione e visione senile. Nonostante il passaggio in una sezione collaterale di Cannes il film non ebbe grande visibilità e venne riscoperto solo dopo l'affermazione internazionale di critica e di pubblico dei film seguenti. Alcuni attori utilizzati diventeranno presenze fisse come il compianto Philip Seymour Hoffman, John C. Reilly e Philip Baker Hall. È con Boogie nights che arriva la fama internazionale. L'apertura del film con un piano sequenza di 3 minuti cattura la critica e il racconto dell'industria del cinema porno fine anni Settanta si dimostra un tema succulento. Provocazioni nella sceneggiatura e rischi stilistici funzionano. Un cast di attori indipendenti di contorno come Julianne Moore, e i citati Hoffman e Reilly in ascesa rendono fresco il risultato finale. Il film che lo consacra definitivamente è Magnolia. Orso d'Oro al Festival di Berlino per un'opera corale fluviale in cui Anderson dimostra di non avere paura di nulla. Regia solida, sceneggiatura che intreccia la vita di nove californiani di diverse generazioni ed estrazioni sociali, inserimento di canzoni di Aimee Mann a spezzare il ritmo ansiogeno e interpretazioni portentose di Julianne Moore, Tom Cruise e Philip Seymour Hoffman. Finale che chi ha visto il film non può scordare. Un'opera maestosa per chiudere lo scorso

Rael70 N.14 - LA SAGA DI

N.14 - LA SAGA DI "ALIEN":STORIA, SIMBOLISMI E CURIOSITÀ (PARTE 5 DI 15: ALIEN COVENANT…E OLTRE).

Nel 2017 arriva nelle sale il sequel di “Prometheus”, questo “Alien Covenant” con il quale, fin dai primissimi giorni di programmazione, si assiste ad un fenomeno evidente: dai 15 milioni di $ d’incassi del primo giorno si arriverà ad 1,7 milioni di $ dopo solo 6 giorni; l’attesa e la curiosità sono svanite dopo neanche una settimana.Scott, coerentemente, continua sulla sua strada realizzando la continuazione lineare della storia ma questa volta effettua delle scelte che, con il senno di poi, potrebbero aver avuto il loro peso sul successo della pellicola. Anche stavolta dovrò necessariamente rivelare, in parte, alcuni particolari del film e di “Prometheus” pertanto rinnovo caldamente l’invito a terminare la lettura qui se non si fossero ancora viste entrambe le pellicole.Il film, pur svolgendosi nell’anno 2104 (dieci anni dopo la fine di “Prometheus”), inizia venticinque anni prima nel 2079, l’anno in cui l’androide David era apparso sul mercato ed era il vanto delle industrie Weyland.Già dal prologo s’intuisce l’ambizione di David rivolgendosi al suo padrone: “Se tu mi hai creato, chi ha creato te?”E’ proprio la domanda che Peter si era sempre posto per una vita intera e che darà vita alla missione “Prometheus” e la risposta da parte dell’umano è semplice: “Lo cercheremo insieme”. David successivamente fa una riflessione ineccepibile ed insindacabile che si può esplicitare nel seguente modo: tu umano mi ha creato quindi io sono inferiore a te però tu morirai mentre io sarò immortale.David ha fatto scacco matto: ferendo l’orgoglio di Weyland, quest’ultimo reagisce ordinando di versargli del the: tu sei immortale ma sei uno schiavo, gli fa intendere Weyland.Il film fa un balzo al 2104 dove l’astronave “Covenant”, con un equipaggio di 15 membri, è in viaggio verso il pianeta Origae-6 trasportando un preziosissimo carico: 2000 coloni in ipersonno e 1400 embrioni umani.Della missione

Rael70 N.13 - LA SAGA DI

N.13 - LA SAGA DI "ALIEN":STORIA, SIMBOLISMI E CURIOSITÀ (PARTE 4 DI 15: DAVID E IL PRE-COVENANT).

Nella terza parte abbiamo imparato a conoscere le tante novità che Scott aveva inserito in “Prometheus”: i primi quattro film ci avevano abituato allo scontato scontro tra il tenente Ripley e l'orda di alieni mentre con il successivo quinto lavoro Scott riprende le redini della saga cercando di affrontare i massimi sistemi come il significato della Vita, l'Immortalità e i limiti dell'Intelligenza Artificiale. Tra l'uscita di "Prometheus" e quella di "Alien Covenant" passano cinque lunghi anni densi di lavoro per Scott che vuole continuare lungo la strada già battuta nel 2012: il nuovo film sarà il sequel diretto di “Prometheus” e quindi gli spettatori e i fan si attendono che nel nuovo lavoro saranno presenti determinati personaggi. Come era già stato fatto per "Prometheus", Scott decide di preparare il pubblico al nuovo film attraverso dei corti che vengono rilasciati a distanza di qualche mese l'uno dall'altro. In questa sede seguirò rigidamente l'ordine cronologico narrativo per evitare qualsiasi equivoco o ambiguità. Voglio subito mettere in chiaro che dovrò necessariamente rivelare importanti momenti chiave precedenti a Covenant e inerenti a Prometheus, pertanto chi non ha visto entrambi i film dovrebbe smettere di leggere arrivati fino a qui. Il secondo corto rilasciato è “Alien Covenant: The Crossing” che però, narrativamente parlando, si svolge esattamente un anno dopo gli eventi di “Prometheus”, quindi voglio affrontarlo per primo.E' il corto che ha più infastidito i fan perché è il perfetto anello mancante tra il finale di “Prometheus” e l'inizio di “Alien Covenant” e tutti si attendevano che il sequel iniziasse esattamente come mostrato da “The Crossing” ed invece Scott decide di tagliare questo momento fondamentale della trama, riservando la successiva spiegazione all'interno del film stesso.Quello che viene mostrato è il seguito del film precedente: la dottoressa Shaw, insieme a David semidistrutto, prende il comando della

Cinemaserietv QUANDO L'ORRORE SI DIFFONDE COME UNA MALATTIA: 5 HORROR IN CUI IL MALE È CONTAGIOSO

QUANDO L'ORRORE SI DIFFONDE COME UNA MALATTIA: 5 HORROR IN CUI IL MALE È CONTAGIOSO

Nel cinema horror, uno dei temi più inquietanti e al tempo stesso affascinanti è sicuramente quello del male che si diffonde come un'epidemia e che, invece di essere confinato a un luogo o a una persona specifica, si trasmette da un individuo all'altro, scatenando un ciclo di orrore senza fine. Questa dinamica si rivela particolarmente disturbante, soprattutto perché richiama il concetto di contagio: un male invisibile che può colpire chiunque, senza alcun preavviso o motivazione. Esattamente come un virus, infatti, il terrore si insinua nelle vite dei protagonisti, lasciando lo spettatore con uno scomodo senso di smarrimento. In questo articolo esploreremo cinque film horror in cui il male si diffonde come una malattia, alimentando la paura e amplificando la tensione della narrazione. 1) It Follows (2014)Diretto da David Robert Mitchell, It Follows ha rapidamente conquistato un posto di rilievo tra i cult moderni dell'horror grazie alle sue premesse originali e angoscianti. Il film segue Jay (Maika Monroe), una giovane ragazza che, dopo un incontro sessuale, scopre di essere perseguitata da una misteriosa entità. Questo essere si rivela in grado di cambiare continuamente forma, assumendo l'aspetto di chiunque e inseguendo la vittima fino a ucciderla, a meno che essa non riesca a trasmettere la maledizione a qualcun altro attraverso un rapporto sessuale.L’idea che il male si trasferisca da una persona all'altra, proprio come una malattia sessualmente trasmissibile, è ciò che rende l’atmosfera del film così incredibilmente soffocante, ma non solo. Ciò che infatti fa di It Follows un prodotto tanto efficace, è la costante sensazione di minaccia, accompagnata da un commento sociale sottilmente inserito su tematiche come la sessualità, il senso di colpa e le conseguenze delle proprie azioni. A completare il quadro, una regia minimalista ma evocativa e la colonna sonora ipnotica di Disasterpeace. 2) La casa - Il risveglio

Valentina

"RISATE, AMORE E AMICIZIA: RISCOPRIAMO 'IL MATRIMONIO DEL MIO MIGLIORE AMICO'"

Cari lettori, benvenuti e bentornati al nuovo appuntamento con la rubrica “Cuori sullo schermo”. Ci ritroviamo dopo la pausa estiva, per continuare il nostro viaggio nel mondo delle Rom Com, che ci fanno sempre sorridere e ci fanno riscaldare anche un pò il cuore, che male non fa…mai!Oggi vi voglio parlare di un film che tutti conosciamo, che mi è recentemente capitato di riguardare e che penso meriti la giusta attenzione, in quanto, credo che abbia un mix perfetto di romanticismo e momenti di pura ilarità, sto parlando de “Il Matrimonio Del Mio Migliore Amico”. "My best Friend’s Wedding" è un film che riesce a catturare il cuore ma lo fa con ironia, grazie alle interpretazioni meravigliose di Julia Roberts, che in quegli anni era considerata la Regina delle Rom Com, una quasi esordiente, ma già promettente, Cameron Diaz, il sempre bravissimo Dermot Mulroney e, come direbbero quelli bravi, last but not least, Rupert Everett, che ha senza dubbio condiviso lo scettro con la Roberts in questo film, nonostante non sia una presenza costante ma è sicuramente colui cha detiene le scene più divertenti e memorabili del film. La storia ruota attorno a Julianne Potter, interpretata con grazia da Julia Roberts, una giovane critica gastronomica che si rende conto di essere innamorata del suo migliore amico, Michael, proprio quando lui annuncia il suo imminente matrimonio con un'altra donna, Kimmy, interpretata da Cameron Diaz. Julianne, al grido di “Questo matrimonio non s'ha da fare” decide di fare di tutto per impedire e sabotare le nozze.Ammettiamolo, sicuramente la premessa del film non urla “originalità” ma il film è talmente ben recitato e strutturato che ci si passa serenamente sopra. Il film riesce a catturare perfettamente l'essenza delle complicazioni dell’amore e dell'amicizia, intrecciando momenti di comicità esilarante con attimi di pura vulnerabilità. La

Diego Cineriflessi SGUARDI DAL MONDO: PAOLO SORRENTINO

SGUARDI DAL MONDO: PAOLO SORRENTINO

È il regista italiano più amato negli Stati Uniti, spesso considerato unico erde di Fellini per il suo stile personale e per la sua capacità di raccontare ed inserire personaggi inusuali nei suoi film. L'esordio nel lungometraggio avviane nel 2001 con L'uomo in più, prima opera ambientata nella sua Napoli. Già da questa pellicola si possono notare alcuni tratti di quella che sarà la sua poetica: su tutto l'amore per i perdenti. I due protagonisti sono infatti uomini che da un momento all'altro perdono la fama e i soldi. Nonostante l'omonimia, ma un carattere profondamente diverso, il destino li porta comunque a un'inutilita sociale senza speranza. Già con l'opera seconda arriva il concorso a Cannes. Le conseguenze dell'amore ottiene ottime recensioni e consacra Sorrentino ad autore da tenere d'occhio. Sempre col sodale Toni Servillo, racconta la storia di un uomo che vive isolato in un albergo del Canton Ticino praticanente senza contatti umani. Regia asciutta, recitazione in sottrazione e importanza fondamentale dell'ambientazione sono altre caratteristiche che si impongono nel suo stile. Con L'amico di famiglia, seconda volta in concorso a Cannes, arriva il primo stop. La storia di un brutto strozzino che si presenta a casa delle vittime come l'amico di famiglia fatica, nonostante l'ennesimo protagonista reietto del mondo. Il brutto è ovunque nella società e l'ambientazione nuovamente asettica dell'Agro Pontino accentua la crudele mediocrità della vita. Decisamente snobbato all'epoca resta comunque un'opera da riscoprire. Con Il divo arriva il Premio della Giuria a Cannes e l'attenzione degli Stati Uniti dove il film approda agli Oscar con la candidatura al miglior trucco. Sorrentino per la prima volta si veste da fustigatore dei potenti e gira un'opera su Giulio Andreotti e la sua pesante presenza nella politica italiana degli anni Novanta tra il tentativo di farsi eleggere Presidente della Repubblica e