"Storia di fifa e di coltello" è una delle commedie più esilaranti e memorabili con protagonisti Franco Franchi e Ciccio Ingrassia. Questo film rappresenta un perfetto esempio di comicità all'italiana, dove il duo comico si cimenta in situazioni assurde e gag indimenticabili, il tutto condito con il loro inconfondibile stile.La trama segue le avventure dei due protagonisti, Franco e Ciccio, che si ritrovano coinvolti in una serie di malintesi e situazioni rocambolesche. In questa commedia, i due cercano di risolvere una faccenda di “fifa” e “coltello”, una sorta di intreccio di affari loschi, amori impossibili e rivalità comiche che li porterà in giro per una Roma vivace e colorata.La chimica tra Franchi e Ingrassia è esplosiva: Franco, con la sua espressività e le sue esagerazioni, si contrappone perfettamente all'approccio più razionale e misurato di Ciccio. Questa dinamica crea momenti di pura follia comica, con scambi di battute che fanno ridere a crepapelle. Le loro interazioni sono un mix di slapstick e umorismo verbale, con gag che spaziano dall’assurdo al surreale.Il film è costellato di situazioni esilaranti: dalla loro goffaggine nel cercare di risolvere problemi di cuore a scontri comici con personaggi stravaganti. Ogni scena è un'opportunità per una nuova risata, che spesso si basa su malintesi e situazioni imbarazzanti. La caratterizzazione dei personaggi secondari è altrettanto divertente, arricchendo il film con un cast di figure pittoresche che si inseriscono perfettamente nel contesto.Un punto forte della regia di Amendola è la sua capacità di mantenere un ritmo incalzante, alternando momenti di comicità visiva a dialoghi frizzanti. Le situazioni si susseguono in modo frenetico, mantenendo il pubblico incollato allo schermo e pronto a ridere di gusto.Inoltre, "Storia di fifa e di coltello" non si limita a far ridere: offre anche un’arguta satira sociale, toccando temi come l'amore, la famiglia e la vita
"L'orribile segreto degli ultimi dieci minuti""L'orribile segreto del Dr. Hichcock", film di Riccardo Freda del 1962, sembra un film gotico, normale ma a far svoltare il lavoro sia dal punto estetico sia dal punto di vista del plot narrativo sono i fatidici dieci minuti in cui tutto succede e nei quali si nasconde il fulcro del significato del film.Procediamo prima per ordine inquadrando il regista italiano.Freda, noto per le co-regie con Mario Bava alla fine degli anni Cinquanta con ,"I vampiri" (1957) e "Caltiki, il mostro immortale" (1959), proseguirà poi la propria carriera realizzando film d'avventura, gotici e storici."L'orribile segreto del Dr. Hichcock", pare possedere tutti i caratteri del genere gotico tradizionale, tanto che la tram del film anche un po' noiosa che pare inizlamente scopiazzata o comunque fortemente influenzata da alcuni autori della letteratura gotica ha i tratti della solita storia in villa con apparizioni e spiriti che pare non avere nulla di originale e innovativo. Tipico, è anche il tema dello scienziato che pare non dimenticare la moglie morta che non è riuscito a salvare e torna con una nuova moglia nella casa in cui viveva molti anni prima con lei.Cynthia, Barbara Steele (che nel 1960 interpreterà un doppio ruolo nel film di Mario Bava, "La maschera del demonio" e che nel 1963 comparirà nel film di Riccardo Freda, "Lo spettro") è la moglie che si troverà catapultata in questo "nuovo mondo", la villa in cui aleggia in ognidove la figura di Margaretha, moglie di cui il Dr. Hichcock è vedovo.Così come il titolo, anche lo svolgersi del film e delle sue tecniche sono racchiuse nei suoi ultimi dieci minuti, in cui avverrà lo switch a livello di estetica e riferimenti cinematografici tecnici colti, così come nella trama e nel profondo significato dell'opera, che fanno di questo film
Film che nonostante abbia ricevuto tante critiche a me è piaciuto molto..ritmo frenetico in cui c'è sempre qualcosa da guardare e capire..ottimo Batman ..bella sorpresa Supergirl e convincente il rapporto che si crea ed evolve durante il film tra i due Barry.
Film spaventoso con un sottofondo di sovrannaturale
BLACK PANTHERin loving memory of Chadwick BosemanC’era una volta un re di un regno nascosto nel continente africano .Il suo regno era ricco e tecnologicamente avanzato grazie agli immensi giacimenti di vibrano.Un misterioso metallo probabilmente di origine aliena caduto su quel posto molti anni prima sotto forma di meteorite.Il buon re teneva nascosta la vera ricchezza del suo popolo agli occhi del mondo circostante.Per proteggerlo come fa un buon re.Il buon re aveva un figlio e si prodigò per farlo studiare nelle scuole migliori del mondo oltre a trasmettergli le tradizioni , gli insegnamenti e i segreti dei suoi avi.Perché un domani sarebbe diventato re .Quel domani arrivò prima del previsto perché il buon re mori’ tradito dal suo stesso fratello e il giovane figlio sali’ al trono ma non prima di aver superato pericolose prove che il suo lignaggio gli imponeva.Questa favola potrebbe riassumere brevemente la storia di Pantera Nera .Il primo supereroe nero della Marvel.Max Rece completa su IL GUARDAROBA DEL BUIO IN SALA
Un film che poteva essere sviluppato in maniera molto diversa, salta di palo in frasca e con scenari che a mio avviso non c'entrano assolutamente nulla ed oltre tutto non sono contestualizzati come il fatto di passare in un buco spazio temporale e ritrovarsi in un ambiente stile inferno dantesco con tanto di traghettatore su barca attorniata da cosa? anime? ma che c'azzecca con gli alieni? Avrebbero potuto anche (avvalendosi delle conoscenze storiche e bibliche di Mauro Biglino) impostare tutto il film in un contesto differente come per esempio raccontare quale potrebbe essere stata la creazione e la presenza degli alieni nel passato dell'umanità con ambientazioni stile "Stargate" magari dove l'alieno e i suoi scagnozzi dotati di tecnologie superiori dominava l'umanità.Insomma tutto tranne che quest'accozzaglia di trame su trame, personaggi assurdi e via discorrendo. Peccato, un film su questo filone fantascientifico e fatto in Italia da Italiani con la qualità che ci contraddistingue nella storia cinematografica, mancava e manca tutt'ora.
Ho scoperto questo film per caso, mi capitava spesso di leggerne il titolo in pagine di discussioni tra appassionati di horror. Mi ha ricordato un pò "The Autopsy of Jane Doe" (sebbene la storia sia completamente diversa e qui il ricorso al gore è quasi nullo), per un motivo : ci sono praticamente solo due personaggi chiusi in un ambiente confinato alle prese con un'operazione complessa: un'autopsia nel caso del primo film , un complesso rituale occulto nel caso di “A dark song”. Ed infatti il film ha lo stesso difetto de “L'Autopsia…” : il ritmo lentissimo (che a me piace molto) alla lunga finisce per diluire l'idea di partenza e trasformare la pellicola in una sorta di documentario.Il film parla di una donna che decide di rivolgersi ad un occultista piuttosto stravagante (nell'aspetto e nei modi, non c'è alcuno spazio per la commedia in questo film) per eseguire un rito tramite il quale otterrà un favore da un angelo. Per compiere tale rito si chiudono in una casa isolata per mesi (in realtà si intuisce appena il passare del tempo, l'ho capito più che altro leggendo alcune recensioni dopo aver visto la pellicola per chiarirmi alcuni punti). Ho lasciato sedimentare un po' le idee e ho scritto la recensione qualche giorno dopo averlo visto e devo dire che, a distanza, mi ha lasciato un'ottima impressione. Gli attori sono davvero bravi a rendere le emozioni dei personaggi (visto che quasi la totalità del film non succede quasi nulla, quindi si tratta di un viaggio nelle loro emozioni e motivazioni) e, diversamente da quanto in genere mi capita, l'ultima parte del film mi è piaciuta molto (sebbene non mi abbia convinto pienamente: non posso dire cosa per non spoilerare il finale, ma qualche dubbio mi è rimasto) . Il problema è,
Virzì torna quasi trent'anni dopo sull'isola di Ferie d'agosto riportandovi quasi l'intero cast del primo film oltre a qualche new entry. Il film è sempre godibile anche se non ha la freschezza dell'originale, ma forse è anche la conseguenza del fatto che, nel confronto tra le due Italie, quella di oggi appare più dolente e affaticata (come il personaggio principale di Silvio Orlando) e, se possibile, ancora più superficiale di quella fotografata nel film del 1996.
Il film è un giallo discreto, ma niente di eccezzionale! Ha un cast notevole, una ottima fotografia, musiche abbastanza curiose per un film erotic-triller. Ha due difetti: i costumi (troppo sobri) e la regia di Uli Edel : non adatto per il genere stile "Basic Instinct". Però dicamoci la verità , noi ragazzini di quel periodo, siamo andati al cinema solo per vedere le belle tette di Madonna che sobbalzano mentre cavalca energicamente Willem Dafoe, ansimando e godendo come neanche nei migliori film di Tracy Lords abbiamo visto fare... In fondo Madonna è stata scelta per questo film, ... solo per quello !! Oh Dio Mio, ricordo solo che quando acquistai il VHS, uscito a marzo del 1993, consumai il nastro della cassetta ,.... oltre ad una scorta infinita di fazzoletti di carta...
138 minuti di schiaffi in faccia alle aspettative degli spettatori, a qualunque categoria appartengano, soprattutto a quelli che potevano vedere Joker come una rivalsa, sia pure in chiave criminale, del perdente, o peggio come una sorta di versione oscura del V di V for Vendetta, una forza anarchica in lotta con il sistema. Alle fine, Joker è sempre lui, Arthur Fleck: un perdente, e la sua storia non è un'apoteosi superomistica, sia pure nell'accezione peggiore del termine, ma una parabola autodistruttiva: l'unica differenza tra l'Arthur Fleck prima e dopo Joker è che il perdente in balia del sistema è diventato un perdente in balia del sistema, della propria follia, della propria fama e dei propri ammiratori (cacciatrici di fama o potenziali terroristi che siano) e delle loro aspettative. Un mostro che genera mostri, che a loro volta sabotano ogni sua possibilità di redenzione, che sia solleticando i suoi peggiori istinti - quelli che gli hanno fatto perdere il contatto con la realtà - o fisicamente interferendo con la sua punizione.Gioca con le aspettative dello spettatore, il regista, prendendo a picconate tutti gli schemi narrativi che usa nel film, a partire dal musical (un modo straniante di mostrare al tempo stesso i pensieri dei protagonisti e il loro distacco dal mondo reale) ai motivi narrativi tipici del dramma processuale. Affidando il tutto sulle spalle di Joaquim Phoenix, che, lo sappiamo, sono abbastanza forti da sopportare qualsiasi cosa, Phillips si consente una regia compassata e (magari un po' troppo?) senza guizzi che rende bene il tono del film e consente allo spettatore di non distrarsi mai dal fluire della storia.È inferiore al primo? Ma certo, (quasi) ogni sequel lo è, che notizia. Ma è un ottimo sequel, che ha il raro merito se non di aggiungere qualcosa all'originale, almeno di contestualizzare meglio
N.16 - LA SAGA DI "ALIEN": STORIA, SIMBOLISMI E CURIOSITÀ (PARTE 7 DI 15: I CORTI DEL XL ANNIVERSARIO).
Nel 2019 “Alien” compie 40 anni e per festeggiare l'evento la 20th Century Fox, in collaborazione con lo studio californiano Tongal, offre la possibilità ai fan più capaci e meritevoli di pubblicare dei corti ispirati alla saga.Al termine di questa selezione/concorso, la Century Fox pubblicherà i 6 migliori corti con cui i registi hanno dimostrato di usare al meglio il budget di $ 35.000 messo a loro disposizione. Il primo corto esce il 29 marzo 2019, trattasi di “Alien: Containment”, sceneggiato e diretto da Chris Reading, che racconta gli ultimi momenti di 4 superstiti che si sono rinchiusi in una capsula di salvataggio dopo che è scoppiata una epidemia mortale sulla loro nave:Dopo pochi giorni viene rilasciato il corto “Alien: Specimen”, scritto e diretto da Kelsey Taylor, che si svolge in una serra di una colonia dove una botanica rimarrà intrappolata…provate ad immaginare insieme a chi:Il 12 aprile 2019 viene rilasciato “Alien: Night Shfit”, diretto da Aidan Brezonick e scritto nientemeno che da O' Bannon e Shusett in persona;Una settimana dopo esce “Alien: Ore”, diretto da Sam e Kailey Spear (fratello e sorella) e scritto da Don O' Bannon:Il 26 aprile 2019 esce “Alien: Harvest”, diretto da Benjamin Howdeshell e scritto da O' Bannon e Shusett:Per ultimo, il 26 aprile 2019, esce “Alien: Alone”, diretto da Noah Miller e scritto sempre dalla coppia O' Bannon/Shusett:Si è discusso molto sulla decisione di considerare canonici o meno i 6 corti ma, generalmente, si considerano tali poiché la sceneggiatura, nella maggioranza dei casi, è scritta da O' Bannon e Shusett. Questo articolo è da considerarsi una parentesi "rilassante" ma dal prossimo riprenderemo la cronologia narrativa.
N.15 - LA SAGA DI "ALIEN": STORIA, SIMBOLISMI E CURIOSITÀ (PARTE 6 DI 15: ALIEN).
Il 25 maggio 1979 (in seguito vi renderete conto che la data non sarà casuale), nei cinema americani venne proiettato, per la prima volta, “Alien”, il film della 20th Century Fox diretto dal quasi inesperto Ridley Scott (che aveva esordito appena due anni prima con “I duellanti”), che si basava sulla sceneggiatura di Don O’ Bannon e Ronald Shusett e la cui colonna sonora era opera del famoso compositore Jerry Goldsmith.Non sono solo questi professionisti che entreranno nella Storia del Cinema: l’italiano Carlo Rambaldi realizzerà l’esoscheletro del mostro che, a sua volta, si basava sull’arte tecnologica dello svizzero Hansi Ruedi Giger e questi due, insieme al tecnico degli SFX Brian Johnson, vinceranno il premio Oscar 1980 per gli Effetti Speciali.Un contributo notevole lo daranno anche la fotografia di Derek Vanlint…… e le magnifiche scenografie di Ron Cobb.Ad onor del vero occorre dire che l’idea di “Alien” nasce nel 1974 quando negli USA viene proiettato “Dark Star”, un fantafilm a basso budget ideato da due studenti universitari, Dan O’ Bannon e John Carpenter, che costituiva, di fatto, la loro tesi di laurea alla USC School of Cinematic Arts di Los Angeles dipendente dalla University of Southern California. Per chi ha visto il film, l’alieno presente nell’astronave è rappresentato da un pallone da spiaggia e questo era dovuto alla mancanza di fondi da parte dei due studenti che erano stati costretti ad arrangiarsi come meglio potevano.O’ Bannon però, in cuor suo, nutriva il sogno di riuscire a scrivere una storia che parlasse di un essere alieno che avrebbe procurato un orrore cosmico mai visto prima. La sceneggiatura prese forma e fu chiamata “Star Beast”, ufficialmente la prima sceneggiatura di “Alien”, scritta da O’ Bannon in collaborazione con Ronald Shusett: https://www.dailyscript.com/scripts/alien_early.html Fu O’ Bannon che, in seguito, modificò il titolo in “Alien” ma
MIGLIORI HORROR CON SERIAL KILLER
Con l'uscita nelle sale del film Longlegs, acclamato dalla critica e diretto da Osgood Perkins, molti appassionati del genere horror/thriller sono rimasti colpiti dalla sua astuta campagna marketing, che prometteva una storia tremendamente inquietante sul serial killer interpretato da Nicolas Cage, mai mostrato nella sua interezza prima che la pellicola venisse ufficialmente rilasciata. L’ultima fatica di Perkins dietro la macchina da presa rappresenta un altro ottimo esempio di come l’esplorazione della mente criminale possa dare vita a narrazioni uniche, che sfruttano ogni comparto tecnico per regalarci un’esperienza di visione indimenticabile e che, probabilmente, dominerà i nostri incubi, come i film che vi raccontiamo in questo articolo. SevenSeven, tra i film più acclamati di David Fincher, è considerato un capolavoro del genere thriller psicologico e tra i migliori film sui serial killer mai realizzati. L'atmosfera opprimente e cupa di una città senza nome aleggia sulla storia di due detective, interpretati da Brad Pitt e Morgan Freeman, impegnati nella caccia a un assassino che costruisce ogni delitto intorno ai sette peccati capitali, trasformando ognuno di essi in un macabro rituale di morte. La pellicola ha consacrato Fincher come maestro della macchina da presa, grazie al senso di inquietante ineluttabilità che è riuscito a confezionare per trasportare lo spettatore in un’esperienza emotivamente devastante. Ogni visione di Seven mantiene infatti la stessa intensità della prima, dall’inizio alla fine di questo viaggio negli inferi, tra tensione, oscurità e simbolismi.Funny GamesIl regista austriaco Michael Haneke ha diretto questo home invasion conosciuto in particolare per il suo tono sadico, di cui è meglio non svelare troppo. Basti sapere che, alla sua presentazione al Festival di Cannes nel 1997, il film suscitò reazioni forti e scioccanti, con alcuni spettatori che abbandonarono addirittura la sala, turbati dalla sua rappresentazione della violenza. In effetti, Funny Games si discosta notevolmente dai
SGUARDI DAL MONDO: PAUL THOMAS ANDERSON
Se penso ad uno sguardo originale, sempre diverso, fresco e capace di stupire proveniente dagli Stati Uniti il primo nome che mi salta in mente è quello di Paul Thomas Anderson. È probabilmente il più versatile e coinvolgente della sua generazione, incapace di rifare se stesso, ma capace di addentrarsi in epoche, generi e stili completamente diversi con una maestria rara. Autore da Festival e da Oscar (anche se non ne ha mai vinto uno) è la pietra miliare della sua generazione. Esordisce nel lungometraggio nel 1996 con Sidney, noir classico che si dipana tra gioco d'azzardo, prostituzione e visione senile. Nonostante il passaggio in una sezione collaterale di Cannes il film non ebbe grande visibilità e venne riscoperto solo dopo l'affermazione internazionale di critica e di pubblico dei film seguenti. Alcuni attori utilizzati diventeranno presenze fisse come il compianto Philip Seymour Hoffman, John C. Reilly e Philip Baker Hall. È con Boogie nights che arriva la fama internazionale. L'apertura del film con un piano sequenza di 3 minuti cattura la critica e il racconto dell'industria del cinema porno fine anni Settanta si dimostra un tema succulento. Provocazioni nella sceneggiatura e rischi stilistici funzionano. Un cast di attori indipendenti di contorno come Julianne Moore, e i citati Hoffman e Reilly in ascesa rendono fresco il risultato finale. Il film che lo consacra definitivamente è Magnolia. Orso d'Oro al Festival di Berlino per un'opera corale fluviale in cui Anderson dimostra di non avere paura di nulla. Regia solida, sceneggiatura che intreccia la vita di nove californiani di diverse generazioni ed estrazioni sociali, inserimento di canzoni di Aimee Mann a spezzare il ritmo ansiogeno e interpretazioni portentose di Julianne Moore, Tom Cruise e Philip Seymour Hoffman. Finale che chi ha visto il film non può scordare. Un'opera maestosa per chiudere lo scorso
N.14 - LA SAGA DI "ALIEN":STORIA, SIMBOLISMI E CURIOSITÀ (PARTE 5 DI 15: ALIEN COVENANT…E OLTRE).
Nel 2017 arriva nelle sale il sequel di “Prometheus”, questo “Alien Covenant” con il quale, fin dai primissimi giorni di programmazione, si assiste ad un fenomeno evidente: dai 15 milioni di $ d’incassi del primo giorno si arriverà ad 1,7 milioni di $ dopo solo 6 giorni; l’attesa e la curiosità sono svanite dopo neanche una settimana.Scott, coerentemente, continua sulla sua strada realizzando la continuazione lineare della storia ma questa volta effettua delle scelte che, con il senno di poi, potrebbero aver avuto il loro peso sul successo della pellicola. Anche stavolta dovrò necessariamente rivelare, in parte, alcuni particolari del film e di “Prometheus” pertanto rinnovo caldamente l’invito a terminare la lettura qui se non si fossero ancora viste entrambe le pellicole.Il film, pur svolgendosi nell’anno 2104 (dieci anni dopo la fine di “Prometheus”), inizia venticinque anni prima nel 2079, l’anno in cui l’androide David era apparso sul mercato ed era il vanto delle industrie Weyland.Già dal prologo s’intuisce l’ambizione di David rivolgendosi al suo padrone: “Se tu mi hai creato, chi ha creato te?”E’ proprio la domanda che Peter si era sempre posto per una vita intera e che darà vita alla missione “Prometheus” e la risposta da parte dell’umano è semplice: “Lo cercheremo insieme”. David successivamente fa una riflessione ineccepibile ed insindacabile che si può esplicitare nel seguente modo: tu umano mi ha creato quindi io sono inferiore a te però tu morirai mentre io sarò immortale.David ha fatto scacco matto: ferendo l’orgoglio di Weyland, quest’ultimo reagisce ordinando di versargli del the: tu sei immortale ma sei uno schiavo, gli fa intendere Weyland.Il film fa un balzo al 2104 dove l’astronave “Covenant”, con un equipaggio di 15 membri, è in viaggio verso il pianeta Origae-6 trasportando un preziosissimo carico: 2000 coloni in ipersonno e 1400 embrioni umani.Della missione
N.13 - LA SAGA DI "ALIEN":STORIA, SIMBOLISMI E CURIOSITÀ (PARTE 4 DI 15: DAVID E IL PRE-COVENANT).
Nella terza parte abbiamo imparato a conoscere le tante novità che Scott aveva inserito in “Prometheus”: i primi quattro film ci avevano abituato allo scontato scontro tra il tenente Ripley e l'orda di alieni mentre con il successivo quinto lavoro Scott riprende le redini della saga cercando di affrontare i massimi sistemi come il significato della Vita, l'Immortalità e i limiti dell'Intelligenza Artificiale. Tra l'uscita di "Prometheus" e quella di "Alien Covenant" passano cinque lunghi anni densi di lavoro per Scott che vuole continuare lungo la strada già battuta nel 2012: il nuovo film sarà il sequel diretto di “Prometheus” e quindi gli spettatori e i fan si attendono che nel nuovo lavoro saranno presenti determinati personaggi. Come era già stato fatto per "Prometheus", Scott decide di preparare il pubblico al nuovo film attraverso dei corti che vengono rilasciati a distanza di qualche mese l'uno dall'altro. In questa sede seguirò rigidamente l'ordine cronologico narrativo per evitare qualsiasi equivoco o ambiguità. Voglio subito mettere in chiaro che dovrò necessariamente rivelare importanti momenti chiave precedenti a Covenant e inerenti a Prometheus, pertanto chi non ha visto entrambi i film dovrebbe smettere di leggere arrivati fino a qui. Il secondo corto rilasciato è “Alien Covenant: The Crossing” che però, narrativamente parlando, si svolge esattamente un anno dopo gli eventi di “Prometheus”, quindi voglio affrontarlo per primo.E' il corto che ha più infastidito i fan perché è il perfetto anello mancante tra il finale di “Prometheus” e l'inizio di “Alien Covenant” e tutti si attendevano che il sequel iniziasse esattamente come mostrato da “The Crossing” ed invece Scott decide di tagliare questo momento fondamentale della trama, riservando la successiva spiegazione all'interno del film stesso.Quello che viene mostrato è il seguito del film precedente: la dottoressa Shaw, insieme a David semidistrutto, prende il comando della
QUANDO L'ORRORE SI DIFFONDE COME UNA MALATTIA: 5 HORROR IN CUI IL MALE È CONTAGIOSO
Nel cinema horror, uno dei temi più inquietanti e al tempo stesso affascinanti è sicuramente quello del male che si diffonde come un'epidemia e che, invece di essere confinato a un luogo o a una persona specifica, si trasmette da un individuo all'altro, scatenando un ciclo di orrore senza fine. Questa dinamica si rivela particolarmente disturbante, soprattutto perché richiama il concetto di contagio: un male invisibile che può colpire chiunque, senza alcun preavviso o motivazione. Esattamente come un virus, infatti, il terrore si insinua nelle vite dei protagonisti, lasciando lo spettatore con uno scomodo senso di smarrimento. In questo articolo esploreremo cinque film horror in cui il male si diffonde come una malattia, alimentando la paura e amplificando la tensione della narrazione. 1) It Follows (2014)Diretto da David Robert Mitchell, It Follows ha rapidamente conquistato un posto di rilievo tra i cult moderni dell'horror grazie alle sue premesse originali e angoscianti. Il film segue Jay (Maika Monroe), una giovane ragazza che, dopo un incontro sessuale, scopre di essere perseguitata da una misteriosa entità. Questo essere si rivela in grado di cambiare continuamente forma, assumendo l'aspetto di chiunque e inseguendo la vittima fino a ucciderla, a meno che essa non riesca a trasmettere la maledizione a qualcun altro attraverso un rapporto sessuale.L’idea che il male si trasferisca da una persona all'altra, proprio come una malattia sessualmente trasmissibile, è ciò che rende l’atmosfera del film così incredibilmente soffocante, ma non solo. Ciò che infatti fa di It Follows un prodotto tanto efficace, è la costante sensazione di minaccia, accompagnata da un commento sociale sottilmente inserito su tematiche come la sessualità, il senso di colpa e le conseguenze delle proprie azioni. A completare il quadro, una regia minimalista ma evocativa e la colonna sonora ipnotica di Disasterpeace. 2) La casa - Il risveglio
"RISATE, AMORE E AMICIZIA: RISCOPRIAMO 'IL MATRIMONIO DEL MIO MIGLIORE AMICO'"
Cari lettori, benvenuti e bentornati al nuovo appuntamento con la rubrica “Cuori sullo schermo”. Ci ritroviamo dopo la pausa estiva, per continuare il nostro viaggio nel mondo delle Rom Com, che ci fanno sempre sorridere e ci fanno riscaldare anche un pò il cuore, che male non fa…mai!Oggi vi voglio parlare di un film che tutti conosciamo, che mi è recentemente capitato di riguardare e che penso meriti la giusta attenzione, in quanto, credo che abbia un mix perfetto di romanticismo e momenti di pura ilarità, sto parlando de “Il Matrimonio Del Mio Migliore Amico”. "My best Friend’s Wedding" è un film che riesce a catturare il cuore ma lo fa con ironia, grazie alle interpretazioni meravigliose di Julia Roberts, che in quegli anni era considerata la Regina delle Rom Com, una quasi esordiente, ma già promettente, Cameron Diaz, il sempre bravissimo Dermot Mulroney e, come direbbero quelli bravi, last but not least, Rupert Everett, che ha senza dubbio condiviso lo scettro con la Roberts in questo film, nonostante non sia una presenza costante ma è sicuramente colui cha detiene le scene più divertenti e memorabili del film. La storia ruota attorno a Julianne Potter, interpretata con grazia da Julia Roberts, una giovane critica gastronomica che si rende conto di essere innamorata del suo migliore amico, Michael, proprio quando lui annuncia il suo imminente matrimonio con un'altra donna, Kimmy, interpretata da Cameron Diaz. Julianne, al grido di “Questo matrimonio non s'ha da fare” decide di fare di tutto per impedire e sabotare le nozze.Ammettiamolo, sicuramente la premessa del film non urla “originalità” ma il film è talmente ben recitato e strutturato che ci si passa serenamente sopra. Il film riesce a catturare perfettamente l'essenza delle complicazioni dell’amore e dell'amicizia, intrecciando momenti di comicità esilarante con attimi di pura vulnerabilità. La
SGUARDI DAL MONDO: PAOLO SORRENTINO
È il regista italiano più amato negli Stati Uniti, spesso considerato unico erde di Fellini per il suo stile personale e per la sua capacità di raccontare ed inserire personaggi inusuali nei suoi film. L'esordio nel lungometraggio avviane nel 2001 con L'uomo in più, prima opera ambientata nella sua Napoli. Già da questa pellicola si possono notare alcuni tratti di quella che sarà la sua poetica: su tutto l'amore per i perdenti. I due protagonisti sono infatti uomini che da un momento all'altro perdono la fama e i soldi. Nonostante l'omonimia, ma un carattere profondamente diverso, il destino li porta comunque a un'inutilita sociale senza speranza. Già con l'opera seconda arriva il concorso a Cannes. Le conseguenze dell'amore ottiene ottime recensioni e consacra Sorrentino ad autore da tenere d'occhio. Sempre col sodale Toni Servillo, racconta la storia di un uomo che vive isolato in un albergo del Canton Ticino praticanente senza contatti umani. Regia asciutta, recitazione in sottrazione e importanza fondamentale dell'ambientazione sono altre caratteristiche che si impongono nel suo stile. Con L'amico di famiglia, seconda volta in concorso a Cannes, arriva il primo stop. La storia di un brutto strozzino che si presenta a casa delle vittime come l'amico di famiglia fatica, nonostante l'ennesimo protagonista reietto del mondo. Il brutto è ovunque nella società e l'ambientazione nuovamente asettica dell'Agro Pontino accentua la crudele mediocrità della vita. Decisamente snobbato all'epoca resta comunque un'opera da riscoprire. Con Il divo arriva il Premio della Giuria a Cannes e l'attenzione degli Stati Uniti dove il film approda agli Oscar con la candidatura al miglior trucco. Sorrentino per la prima volta si veste da fustigatore dei potenti e gira un'opera su Giulio Andreotti e la sua pesante presenza nella politica italiana degli anni Novanta tra il tentativo di farsi eleggere Presidente della Repubblica e
MIGLIORI BUDDY MOVIES
Storie di compagni di viaggio uniti dalle circostanze più strane e trasformati in alleati inseparabili: i buddy movies hanno scritto la storia del cinema fin dalle loro origini - negli anni ‘20 con Stanlio e Ollio - grazie al loro mix unico di intrattenimento ed emozione. Particolarmente orientato alla commedia e all'azione, è un tipo di racconto che, al di là delle caratteristiche dei suoi protagonisti, si basa essenzialmente sull'incontro tra due modi di essere tanto distanti quanto, alla fine, complementari. Il più delle volte, siamo più interessati al fatto che finiscano per capirsi prima di risolvere i conflitti in cui si ritrovano. Perché nei buddy movie l'amicizia è più importante del mistero, l'abbraccio finale più dei colpi di scena, la comprensione reciproca più dei dubbi. Scopriamo insieme quali sono i migliori buddy movies da vedere in streaming, in occasione dell’uscita su Apple TV+ dell’ultima proposta del genere: Wolfs, con George Clooney e Brad Pitt protagonisti. Superbad (2007)Al di là delle considerazioni narrative ed estetiche, la chiave di ogni buddy movie è il riuscire a trasformare l'amicizia in un altro protagonista: questo è esattamente ciò che fa Superbad. Film “di maturità” per eccellenza, segue due migliori amici prossimi al college, Evan e Seth, che passeranno una delle loro ultime notti da liceali all’insegna del caos totale. Diretto da Judd Apatow, noto per successi come 40 anni vergine e Molto incinta, il film vanta un cast di supporto esilarante - tra cui spicca una giovanissima Emma Stone - e un trio di protagonisti indimenticabili: Jonah Hill, Michael Cera e Christopher Mintz-Plass, decisamente la forza dell’intera narrazione. Raramente l'amicizia tra alcuni ragazzi che fanno della loro aura di perdenti la migliore scusa per essere speciali è stata descritta con tale successo, grazia, arguzia e delicatezza come in questo gioiellino. Hot Fuzz (2007)Altro