The Phenomenon Bruno Gröning: On the Tracks of the 'Miracle Healer' offers a deep dive into the life and impact of Bruno Gröning, a controversial figure who gained fame in the mid-20th century for his purported healing abilities. Directed by German filmmaker, this documentary brings both a historical and spiritual perspective to Gröning’s legacy. The film is captivating for those curious about alternative medicine, spiritual healing, and the intersection of faith and science. Gröning, who attracted thousands of followers in the 1950s with claims that he could heal people through his "energy," is presented with a combination of archival footage, interviews with his followers, and testimonials of the miraculous healing that many of them claim to have experienced. The documentary does a good job of showing how his teachings and his personal philosophy attracted such a devoted following. The testimonials of those who credit Gröning with healing various ailments, both physical and psychological, are powerful and moving, making it clear that his influence continues to resonate with many people even decades after his death in 1959. The film doesn't shy away from addressing the skepticism surrounding Gröning’s abilities, offering perspectives from critics who challenge his methods and question the veracity of the reported miracles. This balanced approach helps viewers make up their own minds about whether Bruno Gröning’s "healing" was a result of divine intervention, psychological placebo effects, or mere coincidence. Visually, the film is well-crafted, with a mix of contemporary footage and historical clips that give it a timeless feel. The editing is smooth, and the narrative flows in a way that makes complex ideas about energy, faith, and health accessible to a broad audience. The film does a good job of presenting Gröning's story without fully glorifying or vilifying him, providing viewers with both a spiritual and practical
Forse non a caso in quest'opera ritroviamo Edoardo Romano che con il maestro Pupi Avati ci ha lavorato in diverse pellicole. La regia di Zullo è senza dubbio interessante e, nonostante una trama qui e là un po' debole, è riuscito a tenere in piedi un film che emoziona. Interessantissima interpretazione dell'attore Fabrizio Rizzolo, nei panni di un burbero critico musicale. Ben riuscito anche l'esordio sul grande schermo del volto noto della TV Davide Mengacci che qui ritroviamo nei panni - assolutamente ben calzati su di lui - del parroco di paese. Paesaggi da cartolina aiutano a godersi con piacere l'estetica del racconto.
La scelta di Anne (titolo italiano per una volta più centrante rispetto all'originale) è un film difficile.Contrariamente a quel che dice non è un film sull'aborto ma sul diritto negato di decidere della propria esistenza. Ambientato negli anni 60 ma attualissimo più che mai.
Ho scoperto questo film per caso, mi capitava spesso di leggerne il titolo in pagine di discussioni tra appassionati di horror. Mi ha ricordato un pò "The Autopsy of Jane Doe" (sebbene la storia sia completamente diversa e qui il ricorso al gore è quasi nullo), per un motivo : ci sono praticamente solo due personaggi chiusi in un ambiente confinato alle prese con un'operazione complessa: un'autopsia nel caso del primo film , un complesso rituale occulto nel caso di “A dark song”. Ed infatti il film ha lo stesso difetto de “L'Autopsia…” : il ritmo lentissimo (che a me piace molto) alla lunga finisce per diluire l'idea di partenza e trasformare la pellicola in una sorta di documentario.Il film parla di una donna che decide di rivolgersi ad un occultista piuttosto stravagante (nell'aspetto e nei modi, non c'è alcuno spazio per la commedia in questo film) per eseguire un rito tramite il quale otterrà un favore da un angelo. Per compiere tale rito si chiudono in una casa isolata per mesi (in realtà si intuisce appena il passare del tempo, l'ho capito più che altro leggendo alcune recensioni dopo aver visto la pellicola per chiarirmi alcuni punti). Ho lasciato sedimentare un po' le idee e ho scritto la recensione qualche giorno dopo averlo visto e devo dire che, a distanza, mi ha lasciato un'ottima impressione. Gli attori sono davvero bravi a rendere le emozioni dei personaggi (visto che quasi la totalità del film non succede quasi nulla, quindi si tratta di un viaggio nelle loro emozioni e motivazioni) e, diversamente da quanto in genere mi capita, l'ultima parte del film mi è piaciuta molto (sebbene non mi abbia convinto pienamente: non posso dire cosa per non spoilerare il finale, ma qualche dubbio mi è rimasto) . Il problema è,
Se pensavate che l'horror non potesse essere divertente, preparatevi a cambiare idea con "The Exorcist: Italian Style" (1975), una delle parodie più esilaranti e dissacranti mai realizzate nel panorama cinematografico italiano! Diretto dal geniale Ciccio Ingrassia, noto per il suo brillante senso dell'umorismo e la sua visione irriverente, questo film è un tuffo in un mondo dove l'horror incontra la comicità più sfrenata, creando una miscela irresistibile di risate e brividi.La pellicola è una parodia travolgente del celebre "L'Esorcista" (1973) di William Friedkin, che in quel periodo aveva terrorizzato il mondo intero con la sua atmosfera cupa e disturbante. Ingrassia, insieme al suo inconfondibile talento comico, decide di ribaltare l'originale, presentando una versione completamente esilarante e parodistica degli eventi, dove le scene più iconiche del film horror vengono reinterpretate in modo grottesco e divertente. Dimenticatevi il demone che strazia l'anima della povera ragazza posseduta; qui, i demoni sono più simpatici che malvagi, e le preghiere dei preti si trasformano in sketch irresistibili.L'interpretazione di Ciccio Ingrassia, che riveste il ruolo di un sacerdote un po' pasticcione, è una delle migliori della sua carriera. Con il suo volto espressivo e il suo timing comico impeccabile, Ingrassia non solo strappa sorrisi, ma trascina lo spettatore in una serie di gag irresistibili, dove il sacro e il profano si mescolano in un turbinio di battute e situazioni al limite del surreale con personaggi strambi che fanno da contorno a questa commedia dell'assurdo.La regia di Ingrassia è un trionfo di creatività e umorismo. Ogni scena è costruita per strappare una risata, sfruttando le dinamiche di parodia con intelligenza e senza mai scadere nel banale. Il film prende spunto dalle atmosfere cupe dell'originale "Esorcista", ma le trasforma in un gioco di rovesciamenti comici che portano lo spettatore a ridere e a riflettere sulla sacralità e la
Non credo esista un altro film che abbia affrontato il problema degli esodati in Italia in seguito alla riforma Fornero.È un film dalla trama semplice, dove la protagonista, interpretata da una magnifica ed inedita Daniela Poggi in vero stato di grazia, finisce ad elemosinare in una piazza della sua città. Lo fa perchè il governo dei “professori” l'ha ridotta alla fame, dato che a 60 anni non ha improvvisamente diritto alla sua pensione, pur essendosi ormai licenziata a tale proposito.È una storia tenera, che nel dolore che riesce a trasmettere, fa anche apprezzare tanti lati della dignità di una persona che si trova improvvisamente nell'indigenza. Inoltre il rapporto tra la protagonista e la sua nipotina di 16 anni che non immagina ciò che sua nonna ormai è costretta a fare per portare qualche soldo a casa è davvero qualcosa che scalda il cuore.L'ho visto due volte, la prima al cinema e la seconda in tv. Entrambe le volte mi sono commossa ed ho provato un senso di tristezza ma anche di speranza. Consigliatissimo.
Horror ambientato negli anni ‘70, in un sobborgo della Florida, che tenta di rifarsi un po’ agli horror del periodo con il serial killer irrintracciabile e non riconoscibile.La regia di Warren Skeels purtroppo infarcisce il film di jump scares, ce ne sono a propulsione dunque non costruisce bene la tensione.Tutte le sequenze di rapimento sono troppo frettolose, non si alimenta l'atmosfera, il killer agisce sempre in modo rapido e sempre tramite il jump scare.Non c'è neanche forza visiva ed espressiva nelle ambientazioni, l'atmosfera di Halloween non è ben rappresentata, così quindi anche se la messa in scena di base non sarebbe male il tutto finisce per risultare generico.La storia si concentra nelle vicenda della famiglia Williams, specialmente nella costruzione del rapporto tra sorelle, Annie, protagonista e Margareat; alternata dalle sequenze di rapimento dove il killer aggredisce e uccide più ragazze, senza però una vera costruzione.Il carattere delle due sorelle è, questo sì, costruito, Annie più ribelle mentre Margareat è più “conformista” quindi le due avranno motivi di attrito per poi riconciliarsi nell'atto finale.Se comunque i momenti di diatriba tre le due sono messi in scena, il riappacificamento è si comprensibile ma manca di un raccordo, perché avviene poco dopo che Annie fa la spia a Margareat , ma di certo non è questo il problema maggiore del film.I personaggi di contorno invece sono poco sviluppati, la migliore amica di Annie, Patty, non praticamente caratterizzazione così come il ragazzo di cui si innamora la protagonista e anche Daniel, il fratellino di Annie e Margareat è di fatto inutile alla storia.Il film funziona un po' meglio quando si vede il Van appostato in lontananza dove quindi si rallentano i tempo provando a costruire tensione, però anche la colonna sonora è troppo invadente, oltre ai fastidiosi jump scares, la colonna sonora risulta pomposa
Film che nonostante abbia ricevuto tante critiche a me è piaciuto molto..ritmo frenetico in cui c'è sempre qualcosa da guardare e capire..ottimo Batman ..bella sorpresa Supergirl e convincente il rapporto che si crea ed evolve durante il film tra i due Barry.
Pimpa - Storia di NataleNel cuore dell'inverno, tra neve e freddo,Pimpa si sveglia, il cielo è più bello.Con le sue orecchie rosse, e il musetto tondo,prepara il Natale, il sogno del mondo.Tra alberi lucenti e regali colorati,un Natale magico è nei suoi pensieri incantati.Un viaggio di gioia, di dolci e di stelle,per un mondo che brilla di luci e di favole belle.Con Andrea vicino e il cuore sereno,Pimpa riscopre il vero significato del terreno:è l’amore che unisce, è la pace che cresce,è il dono di stare insieme, che il Natale ci offre e ci lascia.E nel silenzio di una notte di magia,sotto il cielo stellato, una dolce armonia,tutti insieme cantiamo, il cuore sorridente,perché il Natale è più bello, se lo vivi con la gente.Così Pimpa, felice, aspetta con gioia,un Natale che spero arrivi per ogni famiglia, ogni sogno e ogni storia.
It's not an Oscar-worthy film, but it has a certain intriguing charm. I enjoy movies that keep us guessing about the identity of the killer without ever revealing it. The casting is notable—Terrence Howard delivers an excellent performance, and Esai Morales is compelling as a character who keeps us uncertain about whether he's a hero or a villain. The direction is competent, though the story itself feels somewhat predictable. Despite this, the film engages us by constantly encouraging us to piece together the mystery. The religious backdrop adds a unique touch. I don’t understand the harsh criticism it’s received—there are far worse movies out there. Perhaps some viewers went in with overly high expectations. Also, let’s stop blaming Baldwin for the tragic incident in his previous movie—it was an unfortunate event that could have happened to anyone. This film is a decent choice for passing time on a dull, rainy day.
La stupidità planetaria impedisce al mondo contemporaneo di scorgere l’assurdità del proprio ordinamento.(T.W.Adorno) Un appartamento di nuova edilizia di design, elegante e apparentemente confortevole viene acquistato in virtù della trattativa/ patteggiamento di Hye jung con l’azienda datrice di lavoro del marito, defunto a causa di un incendio.La donna, madre di un adolescente, decide di porre fine alla protesta nonostante l’opposizione dei familiari delle vittime che sono fermi in un sit-in da molto tempo.L’appartamento si trova nel famoso Dream Palace, e sin dal primo giorno presenta un insidioso problema pressoché inaggirabile: dalle tubature, anche se tenute aperte per ore, esce solo acqua arrugginita.Nonostante la lamentela di Hye jung, il problema non vede soluzione; il responsabile dell’ufficio vendite sostiene che potrà essere risolto solo nel momento in cui saranno venduti tutti gli appartamenti…Da qui inizierà una tormentata via crucis quotidiana per la giovane vedova relativa non solo alla impossibilità di usare acqua se non acquistata in confezioni di plastica ma soprattutto sulla realtà ostativa dei familiari delle vittime. Un labirinto burocratico-sociale-relazionale pressoché inestricabile, renderà il film kafkianamente insidioso: il senso di responsabilità nei confronti degli altri, del figlio, delle scelte e delle azioni ingenuamente intraprese a fin di bene, faranno deragliare le buone intenzioni nelle peggiori conseguenze.L’elemento concettuale centrale del film riguarda l’impossibilità di apportare delle modifiche in un ordinamento impersonale quale è quello delle grandi compagnie. Rivendicare i propri diritti in un sistema che si fonda sul Dividi et Impera, si rivela una dinamica autodistruttiva.Tra l’impossibilità di arrendersi e l’intricato meccanismo alienante che struttura lo stallo non rimane che essere dei banali clienti/consumatori che devono sottostare a regole e rispettare i propri doveri senza poter accedere ai diritti fondamentali.L’interpretazione di Kim Sun-young accompagna il percorso destrutturante in modo assolutamente credibile.Vittime, sit-in, proteste, rivendicazioni, impegno mettono in moto la carrellata delle sostanziali
N.25 - FILMAMO AWARDS: I TOP VOICES SCELGONO I MIGLIORI FILM DEL 2024.
Filmamo è diventata, nell'anno appena trascorso, una realtà conosciuta a livello nazionale che negli ultimi tempi si sta facendo apprezzare anche all'estero.Merito di questa crescita costante come numero di utenti, di traffico e di contenuti è unicamente degli utenti che, pian piano, hanno iniziato a credere che dietro a questo progetto c'è tanta passione unita a tantissimo lavoro e per tale motivo hanno cominciato, in maniera del tutto spontanea, ad arricchire il database di recensioni presenti nella piattaforma. Il 2025 sarà un anno cruciale per tutti noi perché ci stiamo preparando ad un balzo verso l'alto che porterà Filmamo a diventare qualcosa di più ampio e completo rispetto alla realtà attuale. Una delle novità è costituita dalla I edizione dei "Filmamo Awards" dove i “Top Voices” si sono uniti in una sorta di “giuria” fornendo ognuno le proprie preferenze al fine di arrivare a determinare dei vincitori in ben 10 categorie. In realtà le categorie sono 11 ma l'ultima è stata volutamente istituita non per fornire un vincitore, quanto per dare consigli agli operatori del settore di cercare di distribuire nel mercato nazionale (sala, home-video e/o streaming) dei film che sono stati reputati decisamente interessanti dai "giurati". Per procedere in modo sufficientemente serio abbiamo adottato un regolamento interno che prevede due regole fondamentali: sono stati presi in considerazione tutti i film usciti dal 1 gennaio al 31 dicembre e, in aggiunta, che quest'ultimi siano stati distribuiti sul territorio nazionale in qualsiasi modo.La prima categoria è la “Best Film” dove verrà premiata la pellicola ritenuta maggiormente attraente ed interessante senza fare distinzioni tra film nazionali o esteri, prescindendo da qualsiasi forma di fruizione (dalla sala allo streaming passando per l'home-video).La seconda categoria è la "Best Director” dove verrà indicato il regista il cui lavoro è stato indicato come quello più incisivo
SGUARDI DAL MONDO: JACQUES AUDIARD
Figlio d'arte, prima di sedersi sulla sedia del regista ha fatto il montatore e lo sceneggiatore. Insomma Audiard è un uomo che respira cinema da tutta la vita e col passare del tenpo i risultati si sono visti diventando uno degli autori più ecclettici del panorama francese. Esordisce nel 1994 con Regard les hommes tomber immediatamente selezionato per il Festival di Cannes in una sezione collaterale e protagonista dei Premi Cesar. Prime prove di thriller e poliziesco e collaborazione con Trentignant e Kassovitz. Nel 1996 arriva il primo concorso a Cannes e il primo premio. Un heros tres discret porta a casa il premio per la Miglior sceneggiatura ed è proprio un'opera che parla di racconto, di capacità affabulatorie che sanno nascondere bugie. Forse uno dei suoi film meno riusciti, ma che mette in evidenza la sua capacità di aggirarsi tra i generi. Torna nel 2001 con Sulle mie labbra, film che lo porta al grande pubblico. Un thriller teso che esce dagli schemi parlando di disabilità, di pregiudicati e di un riscatto non propriamente canonico. Protagonisti Vincent Cassell e una straordinaria Emmanuelle Devos che si muovono ai margini della società francese. Nel 2005 porta al Festival di Berlino De battre mon coeur s'arrêté (scusatemi, ma trovo completamente errato quello scelto dalla distribuzione italiana Tutti i battiti del mio cuore). Il racconto di un uomo che in tenera età è costretto ad abbandonare la musica, ma che la riscopre con un insegnante vietnamita che non parla francese è travolgente. In piena controtendenza è il remake di un film statunitense, ma Audiard affina la sua regia e il suo stile e ben lo incastona nella società francese. Un piccolo gioiellino poco conosciuto. Il profeta è il film che lo rende grande in tutto il mondo. La sua corsa parte da Cannes
IL DIARIO DI BRIDGET JONES: LA COMMEDIA ROMANTICA CHE CI FA SENTIRE MENO SOLI
Cari lettori, benvenuti e bentornati al nuovo appuntamento con la rubrica “Cinema sotto l'albero”. Siamo giunti all’ultimo appuntamento di quest’anno di questa nuova rubrica nata per caso, ma che tante soddisfazioni ed emozioni mi ha donato, e il merito più grande di tutto questo va naturalmente a tutti coloro che hanno seguito, letto, commentato, o hanno lasciato un like. Grazie di cuore, davvero. L’ultimo film che ho scelto è forse quello che ha davvero, ma davvero tutti gli ingredienti che lo rendono il film natalizio perfetto, soprattutto per gli amanti della combo “Christmas - Rom-Com”, anche se, questo non è decisamente il canonico film di questo filone. Una pellicola che è un inno allo zitellaggio coatto, ma il cui sottotesto è esattamente l’opposto, un film dove ognunA di noi si è in qualche modo identificata ad un certo punto della vita. Il vero cavallo di battaglia della meravigliosa Renée Zellweger: Il Diario di Bridget Jones (Bridget Jones’s Diary). Sfido chiunque, davvero chiunque, a negare di aver vissuto almeno una volta nella vita un momento “Alla Bridget Jones”. Magari avete fatto una figuraccia epica davanti a colleghi o amici, avete inviato un messaggio al destinatario sbagliato, oppure avete vissuto un appuntamento romantico che è finito in un disastro totale. O forse, vi siete innamorati della persona meno adatta, quella che tutti vi avevano sconsigliato, ma a cui non avete saputo resistere. In fondo, le disavventure di Bridget sono universali, e ognuno di noi può ritrovarsi in quelle piccole grandi tragedie quotidiane che, col senno di poi, fanno anche un po’ sorridere. La nostra cara Bridget nasce dalla penna di Helen Fielding, per poi trovare la vera consacrazione nella trasposizione cinematografica del 2001, con la regia di Sharon Maguire. Il successo del primo capitolo ha portato alla realizzazione di “Che pasticcio, Bridget
INTERVISTA ESCLUSIVA AD AMBROGIO CRESPI SUL FILM "STATO DI GRAZIA", DI LUCA TELESE
"Stato di Grazia", il film diretto da Luca Telese, racconta la straordinaria e dolorosa vicenda di Ambrogio Crespi, regista impegnato nel sociale e vittima di un incredibile errore giudiziario. Accusato ingiustamente di concorso esterno in associazione mafiosa, Crespi ha attraversato il buio del carcere e il dramma di una condanna in assenza di prove concrete. La sua storia, fatta di angoscia, ma anche di straordinaria resistenza e solidarietà, è diventata un simbolo della malagiustizia in Italia, accanto a casi come quelli di Enzo Tortora e Michele Padovano.Il film non è solo una denuncia, ma un’opera di formazione che invita a riflettere sul rapporto tra individuo e giustizia, narrando la forza di una famiglia che non ha mai smesso di lottare per la verità.Vi invitiamo a non perdere la messa in onda di Stato di Grazia il prossimo 27 dicembre in seconda serata su La7 e a seguire la nostra intervista esclusiva con Ambrogio Crespi, per approfondire i temi di questa vicenda tanto struggente quanto necessaria da raccontare.
N.24 - LA SAGA DI "ALIEN": STORIA, SIMBOLISMI E CURIOSITÀ (PARTE 15 DI 15: CONCLUSIONI ED OLTRE…).
Siamo arrivati alla fine di questo lungo viaggio dove abbiamo affrontato tutti i temi più importanti, tralasciando volontariamente tutte le relazioni con l’universo di “Predator” con cui, di fatto, la saga è in qualche modo legata.In questa lunga disamina abbiamo visto alternarsi cinque diversi registi con visioni decisamente differenti: lo Scott del 1979 è differente da quello del 2012 e del 2017, la visione di Cameron è diversa da quella di Scott, la visione di Fincher non è mai stata sufficientemente chiara (solo la “Assembly Cut” riesce a mettere un po' d’ordine) e quella di Jeunet sembra anticipare di vent’anni quello a cui giungerà Scott nel 2017 ma con un risultato differente, dal raggiungere un obiettivo puramente militare a quello evoluzionistico nel raggiungere la chimera dell’essere perfetto mentre con Alvarez si è ritornati dalle parti di Cameron facendo i dovuti distinguo.Fulcro dell’intera saga sono gli Xenomorfi (ancor più di Ellen Ripley) visti come simbolo di una forma vivente che ha subito una evoluzione e che si continuerà ad evolvere sempre più trasformandosi da esseri che uccidono solo per l’istinto di farlo ad esseri che uccidono per perpetuare la propria specie dando origine ad ibridazioni sempre più complesse ed evolute.La loro nemesi è simbolicamente costituita dal tenente Ellen Ripley, non un supereroe maschile ma una donna che scopriremo essere una madre che non ha mai potuto davvero vivere il piacere della maternità e della crescita della propria figlia, naturale o adottiva che sia.Una donna quindi privata della sua peculiarità naturale più importante che diventa simbolo dell’intera umanità, una razza che sembra avere come destino il fatto di non riuscire ad evolversi ulteriormente… Dal tenente Ripley alla Dott.ssa Shaw il passo è breve, entrambe donne, entrambe impregnate, entrambe non messe in grado di vivere la loro maternità sebbene per differenti motivazioni.Dall’altra parte
N.23 - LA SAGA DI "ALIEN": STORIA, SIMBOLISMI E CURIOSITÀ (PARTE 14 DI 15: ALIEN RESURRECTION).
Dopo l’estenuante odissea produttiva di Alien³, la Fox voleva continuare a sfruttare il franchise ma, memore dei fallimenti precedenti, fin da subito decise che la sceneggiatura sarebbe stata redatta da un solo ed unico sceneggiatore e a tal fine fu scelto Joss Whedon.Whedon si era già fatto un nome nel settore in quanto aveva scritto il film “Buffy l’ammazzavampiri” e, precedentemente, aveva revisionato le sceneggiature di “Speed”, “Waterworld” e di “Twister”.Rinnovo l’invito a non procedere oltre se non si è visto il film “Alien³” e il suddetto film. Whedon era un grande fan della saga e l’essere stato scelto per scrivere il nuovo film l’aveva inorgoglito come non mai ma il continuare la storia dopo la morte di Ripley non era affatto semplice, pertanto le soluzioni potevano essere molteplici…La Weaver aveva deciso di abbandonare il personaggio e d’altronde la fine di Alien³ poneva una pietra tombale su Ripley e quindi Whedon iniziò a scrivere la storia senza la presenza dell’iconico personaggio.Quando Whedon arrivò a redigere una storia completa la Fox cambiò idea venendo assalita da un atroce dubbio: davvero un film senza Ripley poteva avere lo stesso successo di quelli precedenti?La casa produttrice iniziò a fare dietrofront e grazie ad un compenso record (11 milioni di $) riuscì a convincere la Weaver a cambiare idea ma a patto che la sceneggiatura fosse stata di suo gradimento.Inizialmente Whedon fù stizzito da questo improvviso cambiamento ma, in seguito, si rese conto che la presenza di Ripley non poteva far altro che rendere la storia ancor più affascinante. Il problema quindi diventava in che modo riportare in vita un personaggio defunto…Whedon escogiterà una soluzione “biologica-molecolare” che riuscirà, contemporaneamente, ad assolvere a due compiti: il ritorno sullo schermo di Ripley e l’avvento di un Ellen molto diversa da quella conosciuta e venerata dal pubblico,
LOVE ACTUALLY: QUANDO IL NATALE DIVENTA L'OCCASIONE PER RACCONTARE TUTTI I TIPI DI AMORE
Cari lettori, benvenuti e bentornati al nuovo appuntamento con la rubrica “Cinema sotto l'albero”. Oggi vi parlerò di un film che è stato senza dubbio molto discusso: per i fan è una celebrazione delle diverse forme d’amore, mentre per i detrattori riflette i limiti culturali del suo tempo. Tutto questo e altro ancora è l’inglesissimo Love Actually - L’amore davvero (Love Actually), film del 2003 diretto da Richard Curtis. Quando si parla di film natalizi, Love Actually è un titolo che spunta fuori con la stessa puntualità di una pubblicità di pandoro a novembre. E ciò nonostante, ogni anno, finisco per rivederlo. Forse perché è rassicurante come un maglione di lana che pizzica un po', ma che non riesci a buttare via. Love Actually è una sorta di collage di storie d'amore, ci sono almeno otto trame principali (ho perso il conto a metà), alcune deliziose, altre un po' discutibili. Voglio dire, chi può dimenticare la scena di Andrew Lincoln con i cartelli? Iconica, sì, ma anche un po' inquietante. Se sei il miglior amico dello sposo, forse non dovresti dichiararti alla sposa in quel modo. Non avrei mai pensato di dire una cosa del genere riguardo alla scena che ho amato di più di questo film, ma anche una romanticona come la sottoscritta ha i suoi limiti e crescendo, ho iniziato a trovare il tutto un pelino raccapricciante piuttosto che romantico…e nemmeno troppo natalizio. Hugh Grant che balla per Downing Street, dimostra che essere il Primo Ministro del Regno Unito non ti esenta dall'imbarazzo pubblico. Una scena che, diciamolo, tutti abbiamo cercato di imitare almeno una volta davanti allo specchio.Certo, alcune storie funzionano meglio di altre. Colin Firth che impara il portoghese per amore? Adorabile. Ma il tizio che vola in America per rimorchiare ragazze perché “gli americani adorano
N.22 - LA SAGA DI "ALIEN": STORIA, SIMBOLISMI E CURIOSITÀ (PARTE 13 DI 15: ALIEN³).
Dopo il successo di “Aliens” era ormai chiaro che la saga degli Xenomorfi e del tenente Ripley aveva ormai piantato le radici nell’immaginario collettivo.La 20th Century Fox iniziava a smaniare per tirare fuori un terzo film ma, nel frattempo, il duo O’ Bannon-Shusett aveva, di fatto, abbandonato il franchise dedicandosi ad altre pellicole (“Tuono Blu”, “Il ritorno dei morti viventi”, “Invaders from Mars”, “Space Vampires”, “Total Recall” e “Screamers”).Toccava quindi alla coppia David Giler/Walter Hill (i fondatori della Brandywine) occuparsi della cosa ma i due non avevano alcuna idea su come proseguire la saga e già dal 1987 la confusione era notevole… Una delle primissime idee era quella di far svolgere il nuovo film sulla Terra: ebbene si, gli Xenomorfi sarebbero arrivati in massa sul nostro pianeta e fondendosi gli uni agli altri avrebbero dato vita ad una enorme creatura xenomorfa (dalle dimensioni simil Godzilla) che avrebbe distrutto New York. Un’altra idea poneva Ripley e la piccola Newt come le uniche sopravvissute della “Sulaco” le quali, arrivando sulla Terra, davano la caccia a uno Xenomorfo nella stessa metropoli di “Blade Runner” (ossia Los Angeles) e per questo motivo fu contattato William Gibson per redigere la sceneggiatura che poteva rappresentare, contemporaneamente, il sequel della saga e quello del film del ’82.La 20th Century Fox però era dell’idea opposta: il pubblico viveva e concepiva la saga come qualcosa di estremamente lontano dalla Terra, una minaccia letale ma che non riguardava il genere umano (ancora eravamo ben lontani da “Prometheus”…). Contemporaneamente, dopo “Aliens”, Sigourney Weaver è ormai diventata una star mondiale e riesce ad ottenere, fatto più unico che raro, la candidatura a miglior attrice protagonista (Gorilla nella nebbia) e non protagonista (Una donna in carriera) nella stessa edizione degli Oscar 1988 (per “Gorilla nella nebbia” vincerà il Golden Globe del 1989) e,
N.21 - LA SAGA DI "ALIEN": STORIA, SIMBOLISMI E CURIOSITÀ (PARTE 12 DI 15: ALIENS: COLONIAL MARINES).
Continuando ad osservare rigidamente la cronologia narrativa, occorre necessariamente parlare del videogioco “Aliens: Colonial Marines” sviluppato dalla software house Gearbox e pubblicato dalla Sega nel 2013, inerente gli eventi accaduti dopo la fine di “Aliens” e poco prima l’inizio della storia narrata in “Alien³”.Il videogioco risulterà essere un insuccesso anche e soprattutto per il suo travagliato sviluppo che causerà numerose critiche alla grafica e al gameplay (esattamente al contrario di quanto accadrà l’anno successivo con l’”Alien Isolation” della Creative Assembly), ma dal punto di vista squisitamente narrativo spiega molte cose che nel film di Fincher non erano chiare. Come sempre invito a non procedere nella lettura se non si sono visti “Aliens” e “Alien³”.Il gioco inizia con un videomessaggio inviato dal Caporale Hicks: “Caporale Dwayne Hicks, richiesta di assistenza. La mia unità ha subìto molte perdite su LV-426. Mi serve immediata assistenza a bordo della USS Sulaco. Unici sopravvissuti: io, due femmine di razza umana, una delle quali è una bambina e un sintetico pesantemente danneggiato. Tutti i Marine Coloniali in missione su LV-426 sono da considerarsi KIA. Ripeto: tutti Marine Coloniali in missione su LV-426 sono da considerare caduti in battaglia.”Siamo nel 2180 e ci troviamo all’interno della nave “Sephora” dove viaggia un battaglione di marines coloniali verso il pianeta LV-426 per prestare soccorso ad un messaggio inviato dal Caporale Hicks ben 17 settimane prima.Arrivati nei pressi del pianeta i marines scoprono che la “Sulaco” è anch’essa in orbita e questo fatto è molto strano dato che l’ultima volta era stata avvistata vicinissima al pianeta Fury-161 e pertanto, dopo aver attraccato alla nave, un gruppo di Marines entra dentro la “Sulaco” per indagare ma poco dopo il gruppo viene assalito da alcuni xenomorfi che mietono alcune vittime.Indagando, i Marines superstiti scoprono che dei mercenari assoldati dalla Weyland-Yutani hanno preso
NON TORNARE A CASA PER NATALE, IL NUOVO LIBRO DI JESSICA SEPE
Non tornare a casa per Natale, il nuovo libro di Jessica Sepe, (la prof dell'horror), è disponibile su Amazon sia in formato cartaceo che E-book. https://www.amazon.it/tornare-casa-Natale-Jessica-Sepe/dp/B0DNYZGQ11/ref=tmm_pap_swatch_0?_encoding=UTF8&dib_tag=se&dib=eyJ2IjoiMSJ9.CMc44z-uLzTl6xopkZeKEg.CMHqciWM_JG12w2O6rQp8PMM9vNAWUXZB4eJ6-lyUoo&qid=1733435810&sr=1-1 LA SINOSSI Una vita felice col passare del tempo muta in uno sbiadito ricordo per Libero. Ha perduto la moglie, e quando suo figlio deve trasferirsi lontano per motivi di lavoro, portando con sé la sua nipotina, la solitudine nella sua anima non lascia spazio ad altro se non a un'unica, possibile decisione. Abbandonare la città dove ha sempre vissuto pur non amandola, per cercare la quiete in un eremo ricco di pace. Lì inizia una nuova esistenza, e ben presto, qualcuno porterà scompiglio in quella realtà rinnovata, fatta di aria pura, vegetazione, e tranquillità. Una creatura piccolissima e apparentemente indifesa incrocia il suo cammino, ed è pronta a rivoluzionare tutto il suo futuro. L'uomo non sa da dove provenga quell'essere buffo, dall'aspetto alieno e strambo. Non sa chi sia, o cosa sia, eppure, ha fatto breccia nel suo cuore solitario. Quella convivenza iniziata con fiducia e serenità si trasforma ben presto in un incubo, e quando Libero si pente di aver accolto quell'estranea bestiola nella sua dimora, ravveduto e spaventato, tenta con ogni mezzo di disfarsene, ma forse ormai, è troppo tardi. L’AUTRICE Jessica Sepe, in arte la Prof dell’horror, comincia a muovere i primi passi artistici nell’ambito musicale. Inizia come cantante black/death metal nella veste di Lucifera, rilasciando due album e qualche singolo, per poi dirigere il suo interesse verso la sua scrittura.Come scrittrice, pubblica ben quindici libri. Varie storie distopiche (NObody, 2075-Apocalipsa, Lovend, Io non ho credito – Pass(i)vita, Solaria), ma non mancano racconti horror tradizionali (Non mentirmi, Stalker fino alla (tua) morte, Le stagioni dell’amor(t)e, Asteria, Finché morte ci separi, I kill my fan), in cui spesso sono protagonisti serial